Edna Lu. Un vecchio scuolabus per coltivare relazioni sociali

di Stefano Aliquò – cooperatore, esperto in educazione ai media, beve tè dal 2006 ma lo ha scoperto nella sua forma più nobile solo dopo un lungo viaggio in Cina. Attivo nella diffusione della cultura del tè in Italia cura iniziative ed edizioni relative al re degli infusi, oltre ad aver fondato Fogli di Tè.

Servire tè può generare dei cambiamenti in noi e consentirci di riprenderci ciò che siamo realmente? Nelle circostanze in cui ci troviamo, con l’universo attorno a noi che muta vertiginosamente e che ci fa perdere connotazioni e riferimenti, non è facile rimanere coerenti con noi stessi. Verrebbe da escludere che esista qualcosa di autenticamente nostro, come fossimo la conseguenza di interazioni sociali o il risultato della casualità di imprevisti.
Ma nel mondo c’è chi continua a porre la giusta attenzione alla propria coscienza morale, che ci parla, spesso inascoltata, e ci invita a vivere secondo i precetti che impegnano, nel disordine della vita quotidiana, alla ricerca di un’esistenza vera.
Ma se ascoltata, questa viene poi da noi accettata solo con fatica, tra oscillazioni ed incertezze, e soprattutto superando le tentazioni del conformismo, sempre più forte quando la pressione sociale aumenta.

Queste riflessioni ci consentono di introdurci nel vissuto di una persona, straordinariamente autentica, la cui storia potrà dare sicuramente senso e valore alla nostra esistenza, se sapremo cogliere il significato del- la sua avversione alle cose che consideriamo importanti (il successo, la ricchezza ed il potere) e che inseguiamo con convinzione alla ricerca di una felicità, che poi si rivela effimera.
Giuseppe Spadafora in arte Guisepi, americano di antiche origini italiane, viaggia per gli Stati Uniti con il suo bus offrendo gratuitamente del tè. Un tè che vuole essere da stimolo per il rafforzamento delle relazioni sociali e della convivialità e per l’affermazione di uno stile di vita non solo diverso ma slegato anche dal denaro.
“Servire il tè è il mio lavoro, ma non ricevo soldi per quello che faccio”. Ed è proprio questo il punto. “Voglio dimostrare – egli sostiene – che massimizzare i propri guadagni non è tra le funzioni principali della razza umana e che le interazioni e le relazioni sono molto più genuine quando non vi è la presenza del denaro. La condivisione per me è, insomma, la nostra unica ricchezza”.


Sono dieci anni che Guisepi percorre e diffonde con grande entusiasmo questo suo nuovo e atipico stile di vita.
Tutto ha avuto inizio nel 2002, quando si occupava di editing video a Hollywood, in California, e, rinchiuso nel suo mezzo, trascorreva solitariamente le proprie ore lavorative. Spinto dalla solitudine e dalla ripetitività monotona del proprio lavoro incominciò presto a desiderare di intrattenersi con gli altri sulla Hollywood Boulevard preparando sullo stesso mezzo del cibo da offrire ai curiosi che passavano da lì.

Sconosciuti, disinteressati o indifferenti erano così indotti a fermarsi per scambiare quattro chiacchiere con lui e intavolare conversazioni spicciole su ciò che aveva cucinato. “E’ pazzesco! Tanta gente si è fermata per condividere quello che stavo facendo: tra questi molti turisti, una punkabbestia e addirittura anche docenti universitari”.
Ha iniziato così a servire del tè durante l’intera giornata e soprattutto nei dopo cena.
Ben presto i suoi incontri sono diventati per gli altri quasi una gioiosa consuetudine, che avvenivano molto spesso tra il generale sbigottimento dei passanti. “Senza accorgermene avevo creato attorno a me una comunità, e avendolo fatto senza fini di lucro a me pareva tutto davvero genuino. Mi sono accorto di non essere più solo, ma attorniato da gente simpatica che non solo mi rispettava ma attendeva con frenesia queste occasioni d’incontro, sporadiche per alcuni ed abituali per altri, ritenendole molto utili o addirittura un’opportunità per socializzare e relazionarsi, oltre che, naturalmente, per trascorrere momenti conviviali piacevolmente ed in serenità. Mi sono accorto, così, che ben presto i frequentatori più assidui mi chiedevano: “ehi, quand’è che prepari nuovamente il tè”? ovvero “Ehi, guardate, è arrivato il signore degli infusi!”.
Servire il tè, incurante degli eventuali esborsi economici che avrei dovuto inizialmente sostenere, è certamente fare qualcosa di semplice ma è al tempo stesso assai importante perché scatena interazioni umane davvero straordinarie e autentiche, capaci di innescare riflessioni di carattere sociologico e di suscitare imprevista curiosità. Ciò si è avverato nei più vari contesti ambientali ed ha riguardato soggetti di genere e classe socio-economica diversa”.

Dal 2008 Guisepi vive e viaggia su uno scuolabus che è riuscito a comprarsi con i pochi risparmi a disposizione e dal quale non se ne è più separato.
“Edna Lu”, il suo bus, è equipaggiato per consentirgli di mantenersi autonomamente senza dover affrontare costi proibitivi che non si sarebbe potuto permettere: sul tetto ha installato pannelli solari in grado di erogare elettricità conveniente e utilizza carburante composto da olio vegetale di scarto che riesce a reperire sempre gratuitamente.
Afferma fieramente di essere tornato al baratto e di essere sostenuto da relazioni umane intessute sinora in virtù delle sue avventure quotidiane. Alla domanda “Come riesci a vivere senza soldi?” risponde: “Grazie ai rapporti interpersonali che instauro con tutti. Mi è consentito di usufruire di acqua prelevata dai pozzi pre- senti nelle zone che frequento o di attingerla dalle tubazioni dei privati quando non riesco a procurarmela dalle sorgenti naturali. Ho una stufa che funziona a legna e che utilizzo senza particolari costi riuscendo a cuocervi anche il cibo che recupero sempre con lo strumento del baratto: tutto mi viene donato o lo ottengo in cambio di prestazioni per lavori che eseguo. Il frigorifero funziona ad energia solare e il tè e le tisane che offro non le ho mai comprate poiché utilizzo quasi sempre foglie ed erbe che mi vengono regalate o quelle selvatiche che mi offre la natura. Le mie uniche spese sono quelle relative al funzionamento del mio cellulare, quelle riguardanti le riparazioni a cui dare corso nel quotidiano, i tagliandi e l’assicurazione del mio veicolo. Diciamo che ho bisogno di non più di 5 mila euro all’anno. Di solito baratto anche le prestazioni legate alla mia professione di editor video e riprese”.

Giusepi ha creato un sistema organizzato per facilitare gli incontri e lo scambio di vedute tra persone diverse, la circolazione delle idee e l’accesso alle esperienze ed al benessere psicofisico. Ha ricreato le condizioni per lo sviluppo, di volta in volta, di un spazio fisico attorno a sé a cui molti fanno riferimento per conoscersi, ispirarsi e collaborare quasi come membri di una comunità globale di innovatori sociali: persone che, nonostante i diversi background personali e professionali, si sentono accomunate da uno stesso spirito, da un’attitudine di vivacità e intraprendenza e dai forti valori della condivisione del sapere, della collaborazione e del desiderio di cambiare il mondo in cui vivono. Giusepi ha contribuito a creare autentici spazi sociali e culturali con un’idea centrale, la condivisione del tempo. La filosofia che lo ha sinora spinto è stata quella di invogliare gli altri a mettere il proprio tempo, il proprio talento, le proprie idee e le proprie ricchezze, sia materiali che spirituali, a disposizione del prossimo gratuitamente, senza nulla chiedere in cambio e senza aspettarsi ritorni o gratifiche.

Da quando ha iniziato questo percorso di vita, egli ha offerto più di 23 mila tazze di tè.
Lungo le strade, nelle piazze, nei parchi, nelle scuole e in occasione di festività e sagre di paese ha incontrato e conosciuto persone diverse, che si sono fermate per raccontare o ascoltare storie nonché per socializzare. Ha lasciato dietro di sé una piccola rivoluzione indicandoci, in maniera lineare e senza esitazioni, quella che secondo lui è la via da seguire. Ha insegnato agli altri cosa sia la resilienza, i legami umani e il piacere dello stare assieme. Ci ha suggerito poi come costruire una vita felice e genuina, in cui si può essere finalmente se stessi: proposito possibile ma certamente non facile.
E’ più semplice esistere inseguendo il flusso rassicurante dei pregiudizi e delle abitudini, incolpando poi, per i propri fallimenti, il destino o gli altri. Ciò, però, non corrisponde al vero e dovremmo saperlo, perché le cose non stanno sempre così. I responsabili delle nostre vite siamo noi stessi e nessun altro. Quello che è stato raccontato è comunque, anche se spesso lo dimentichiamo, il contesto nel quale può essere anche indispensabile assaporare una buona tazza di tè, in buona compagnia.

Fotografie di Ryan Kailat e Bonica Ayala